every breath you take || OLLY

By halfspokenwords

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A meno che tu non sia l'unica L'unica per me le altre le vedo Le altre si che le vedo Ma a te ti sento dentro... More

EVERY BREATH YOU TAKE
1. TRASLOCO
2. IL DISCO
3. STRETTA DI MANO
4. PER FINTA
5. CHEESECAKE
6. DONDOLO
8. REWIND
9. COSA VUOI SAPERE
10. PASTA (SCOTTA)
11. PAGO IO

7. STILOGRAFICA

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By halfspokenwords

ma a te ti sento dentro come un pugno

                     Sole

"Finisco di riassumere questo capitolo e poi posso pranzare. Poi ricomincio," dico tra me e me.
Nell'ultima settimana non ho fatto altro che studiare, studiare e... studiare. Sono arrivata a vedere le parole doppie, ma non mi sono comunque fermata. La settimana prossima inizia la sessione e ho ben quattro esami da dare. Quattro. E non ho ancora studiato bene per nessuno.
Avrei dovuto iniziare molto prima, ma un po' perché senza ansia non carburo e un po' perché c'erano i ragazzi qui a Roma... non ho fatto assolutamente nulla.

Sono rientrati a Milano circa una settimana fa. Sono tutti super presi dall' annuncio del disco. Ogni tanto, mentre ceniamo, io e Silvia li videochiamiamo. Ho avuto persino l'onore di essere aggiunta nel gruppo WhatsApp: I peggio di GE.
Non mi sono fatta domande. È meglio.

Punto di domanda gigante quanto una casa: Federico.
Gli ultimi giorni in cui sono stati qui sono stati... intensi. Sì, intensi è il termine giusto.
Non so dare un nome né alla situazione in cui ci troviamo, né tantomeno a cosa mi si scatena in pancia quando si avvicina.

Quella sera mentre ballavamo, e poi la notte sul dondolo, quando siamo rimasti a parlare... mi ha completamente mandata in tilt. Sono riuscita ad aprirmi, e lui è riuscito a capirmi ancora prima che mi spiegassi. È una connessione rara. Mi fa paura.

Saremmo due amici perfetti. Con i fiocchi.
Se non fosse che sarebbe squilibrata. Perché lo devo ammettere: Federico è oggettivamente uno dei ragazzi più belli che io abbia mai visto. A partire dalle spalle, fino al taglio degli occhi o al mezzo sorriso che fa quando è in imbarazzo.
Non è solo una questione estetica. Sono i modi, le parole che sceglie, i dettagli.
Ma me lo ha detto lui, e io l'ho ribadito a me stessa: nessuno dei due cerca, o è nella posizione di volere qualcosa che vada oltre l'amicizia. Nulla di serio.
Perciò restiamo così. In questo limbo in cui quello che è successo ha valore, ma non abbastanza da destabilizzare i nostri piani.

Ci scriviamo ogni tanto.
Lui mi manda foto mentre è in studio; io quando sono a lezione.
Abbiamo continuato a parlare, a conoscerci. Quel ragazzo ha un mondo dentro, allucinante.
Ho scoperto che ha una sorella, Giada, poco più piccola di lui. Che giocava a rugby, anche abbastanza bene. Che tifa Sampdoria come fosse la sua religione.

Nessuno dei due accenna a ciò che è stato.
E va benissimo così.
Siamo in equilibrio.
Più o meno.

Pranzo e mi rimetto a studiare. Le giornate mi volano via così. Io e Silvia riusciamo a incrociarci a malapena la sera, siamo al livello in cui ci lasciamo i post-it sul frigo per comunicare.
La mia camera sembra esplosa: fogli sparsi ovunque, evidenziatori aperti, pc acceso, bottiglie d'acqua vuote e tutto il mio esaurimento emotivo concentrato in questi dodici metri quadri.

"Aiutami. Dobbiamo aiutare Chiara a dissuadere Alberto dal prenotare il parrucchiere per farsi biondo," dice Silvia entrando in camera senza bussare, con il telefono in mano e l'urgenza di chi sta salvando il mondo.
Sul video compare una Chiara visibilmente provata.

"Ciao Chia. Ma perché quello scemo vuole farsi biondo?" chiedo alzando un sopracciglio. Alberto biondo sarebbe l'incubo di qualsiasi essere umano con un briciolo di gusto e specie di qualsiasi parrucchiere.

"Ciao piccola Sole. Dice che è l'inizio di una nuova era," risponde lei con l'aria di chi ha perso ogni speranza. "Questo sta impazzendo. Vuole farsi biondo platino. Tipo canarino. Una cosa inguardabile."

Restiamo un po' a chiacchierare del delirio di Alberto e delle nostre giornate. Poi attacchiamo e Silvia rimane con me a parlare dell'unico vero argomento dell'ultimo mese: gli esami.

Dopo un po', Silvia esce e io provo a rimettere ordine tra i miei fogli. Ma vengo interrotta dal suono di una notifica.
Federico.

È un messaggio vocale.

Federico: Heyy, come stai? Io sto uscendo ora dallo studio. Mi fischiano le orecchie, sono esausto. Come va a te lo studio? Che mi racconti? Mi manca parlare con te.

Mi manca parlare con te.

Ha la voce più bassa del solito, quasi stanca. In sottofondo sento il tintinnio delle chiavi. Mi viene da sorridere, poi subito dopo mi sento scema. Gli rispondo, lo aggiorno, gli dico delle giornate infinite e dei fogli ovunque. E come al solito, restiamo lì a messaggiarci un po', con quel tono mezzo serio e mezzo ironico che ci viene naturale.

Poi arriva un altro vocale.

Federico: Il 25 esce il disco, ma il 24 sera facciamo un piccolo release party. Ti tengo un posto? Anzi due, anche per Silvia.

Ci metto qualche secondo a rispondere. Lo rileggo più volte. È come se volesse dirmi una cosa dentro un'altra.

Sole: Fede, per me non si può proprio fare. Il 25 ho un esame, tosto. Non posso permettermi di saltarlo. Mi dispiace un sacco.

Federico: Ah cazzo... dispiace anche a me. Davvero. Volevo rivederti.

Sole: Anche a me avrebbe fatto piacere. Davvero. Speriamo di riuscire a rimediare presto.

Mandiamo ancora un paio di messaggi, giusto per non chiudere di botto. Poi niente. Silenzio.
Spengo il telefono e mi porto una mano sul viso.

Che situazione di merda.

Io non lo so se sono io che mi sto facendo i film, se sento cose che non esistono. Ma quel "mi manca parlare con te" e "volevo rivederti" mi rimbombano in testa.

Ceno al volo con la classica piadina cotto e formaggio. Lavo la mia padella e faccio per andare in bagno a prepararmi per la notte.

"Sole, ma ci sei anche tu il 25 a Milano per il disco?" mi chiede Silvia. Mi si stringe lo stomaco.

"No, ho Diritto processuale quel giorno," le rispondo amaramente.

"Proprio la mattina del 25? A che ora?"
"Non mi ricordo... aspetta che controllo."

Apro l'app dell'università, vado nella sezione esami prenotati e cerco quello maledetto di processuale. 11:30.
Niente da fare.

"Alle 11:30. Non ce la farò mai a tornare in tempo. Metti che il treno fa ritardo... sono fregata."

Lei alza un sopracciglio, scuote la testa come se stesse per darmi una grande lezione di vita.
"Ripartiamo la notte, io e te. Arriviamo magari nel pomeriggio del 24, ci godiamo la festa, e appena finisce andiamo dritte in stazione. Dormi in treno, arrivi a Roma e ti presenti all'esame."

La guardo allibita. È ufficialmente impazzita.
"Silvia... come pensi che possa dare un esame serio dopo aver dormito forse due ore, su un treno rumoroso e puzzolente? Senza ripassare, senza i miei appunti, senza tutti i miei riti scaramantici?"

Lei mi lancia uno sguardo da madre delusa.
"Ma vuoi davvero mangiarti le mani per non esserci andata? Una vita di rimorsi. Sei giovane, hai la media del 30, sei un mostro a studiare. Puoi fare tutto, anche un esame senza dormire. Dai, ti prego: andiamo. Ci divertiremo, sicuro.
E poi ammettilo: ti ho sentita prima mentre riascoltavi in loop il vocale di quello scemo. Muori dalla voglia di rivederlo."

Parla a raffica, senza pause, con quella convinzione fastidiosa che mi fa sempre cedere.
Io la fisso. Penso che sarà un disastro.
Che il giorno dopo mi maledirò con ogni fibra del mio corpo.

Ma poi mi ripeto la mia frase preferita: la vita è una.
(Perfetta come giustificazione ufficiale per fare la cazzata del secolo.)

E così accendo il telefono e mi metto a cercare due biglietti per Milano.

"Ferma, ferma, ferma. Li ho già presi..." mi dice lei con una faccia innocente.
Io non so più come fare con 'sta ragazza.
"Inizia ad anticiparti tutto quel che puoi, che si parte tra due giorni," spiega e mi fa l'occhiolino.

«Ah, e comunque a Federico non diciamo niente. Alberto sa che io ci sarò, ma nessuno deve sapere che vieni anche tu. Voglio proprio vedere la sua faccia da pesce lesso. Magari si sveglia un po'.»

La guardo, confusa.
«Ma che reazione dovrebbe avere? Mi saluterà e basta. Magari sta pure con un'altra e gli dà pure fastidio vedermi lì.»
Cerco di sembrare distaccata, ma la mia espressione mi tradisce in tre secondi netti.

Silvia mi lancia uno sguardo esasperato.
«Giuro, vi detesto. Rendete complicato anche l'ABC. Quando era qui, Federico pendeva dalle tue labbra. Ogni scusa era buona per starti attorno. E con te parlava! Cioè, davvero parlava. Non le solite due frasi e poi via, modalità "ti va di venire in camera?". Capisci? Una roba mai vista.»

Fa una pausa drammatica, poi riparte.

«Solo che lui è di pietra, si sa. Finché non si convince che può fidarsi, resterà sempre in modalità "emozioni limitate". Tu fai la dura, ma è solo paura. Paura di essere ferita, di passare per la scema che ha capito tutto male. Quindi ti blocchi. Ma la verità è che vi fate bene. Solo che nessuno dei due ha il coraggio di fare il primo vero passo.»

Resto in silenzio. Mi viene un dubbio.
"Scusa... ma ti stai laureando in psicologia o in architettura?"
Lei sorride e si avvicina al divano.

"Ti devi lasciare andare, Sole. Lascia perdere tutte le cazzate che abbiamo detto o fatto io e Alberto. Pensa a quello che provi tu. Se senti che vuoi passare il tempo con lui, e che ti fa piacere, non metterti il limite della paura. Hai l'occasione di vivere qualcosa di bello. Non privartene solo perché ammetterlo ti spaventa."
L'abbraccio, annuisco. Ha ragione.

Studio come se l'esame dovessi darlo viva, sotto i riflettori, sul palco del release party.
Faccio mille calcoli: quanto posso dormire, quanto devo ripassare in treno, qual è l'orario perfetto per partire. Silvia ogni tanto entra in camera solo per accertarsi che il mio cervello non si sia del tutto liquefatto.

Il giorno prima della partenza lo passo così: chiudo l'ultima ripassata e preparo lo zaino per la serata. In sottofondo, la playlist "This is Olly". È già da un po' che ascolto la sua musica. Ha una voce riconoscibile, che ti culla, anche quando canta testi allegri. Alcune canzoni mi piacciono parecchio — L'amore va, L'anima balla, Menomale che c'è il mare, Bianca. Sono piene, vere.

Finisco lo zaino: spazzolino, dentifricio, deodorante, caricabatterie, trucchi, profumo. Aggiungo il vestito che ho scelto per la serata: finta seta, beige, intrecciato sulla schiena, poco sopra il ginocchio. Si allaccia dietro al collo con un fiocco.
Ci butto dentro anche i tacchi, la borsa e — ovviamente — le dispense. L'ansia incombe.

Zaino chiuso. Decido di uscire a fare una piccola spesa per il viaggio. Una volta uscita dal supermercato, col nostro kit di sopravvivenza da treno, rimetto in moto per tornare a casa.
Ma per strada vedo una vecchia cartoleria. Di quelle che da bambina amavo: ci andavo all'ultimo secondo, facendo impazzire mia madre, a prendere i fogli colorati per i lavoretti. Roberta, la proprietaria, mi aveva preso in simpatia. Spesso mi regalava penne o matite. Decido di fermarmi a salutarla.

"Ma guarda chi si rivede! Che fogli ti servono oggi? Blu, rossi, verdi? Li ho tutti, eh!"
Mi viene incontro con il solito tono allegro. La abbraccio.

"Sono passata per caso, mi andava di salutarti. Che stavi combinando?"
"Mi sono arrivate due scatole piene di penne da sistemare. Devo trovargli un posto," dice, rigirandone una tra le mani.

Le tendo la mano, e lei me la porge.
È una penna nera, tipo stilografica, con dettagli argentati. Sopra, inciso:
"Scrivi, anche se trema la mano."

Mi viene in mente una persona.
"Roby, me ne dai una? Se puoi... magari impacchettamela."

Mi guarda con aria complice.
"Aia. Qua sento una strana sensazione nell'aria. Te lo sei trovato scrittore?"
Scoppio a ridere.
"Va bene, ho capito. Non si può dire. Però quando vi mettete insieme presentamelo, eh!"
Resto lì a pensare alla scena. Sorrido da sola.

Prendo il pacchetto, pago, la saluto.
Esco col regalo tra le mani. E il cuore a mille.

SPAZIO AUTRICE:
Hello!!
Ecco finalmente il capitolo, sto cercando di portarne uno al giorno, non è troppo semplice perciò sicuramente qualche giorno salterà.
Comunque, questi due a me fanno frignare davvero. Sole sta iniziando a pensarci troppo, magari è la volta buona. Un ringraziamento speciale a Silvia che veramente è stata la voce del popolo.
Grazie, ormai come sempre, per le letture e le stelline. Soprattutto grazie a chi commenta, mi fate capire cosa e quanto vi sta piacendo quello scrivo. Grazie di cuore!! Ci vediamo al prossimo capitolo. 💋💋💋

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