every breath you take || OLLY

By halfspokenwords

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A meno che tu non sia l'unica L'unica per me le altre le vedo Le altre si che le vedo Ma a te ti sento dentro... More

EVERY BREATH YOU TAKE
1. TRASLOCO
2. IL DISCO
3. STRETTA DI MANO
5. CHEESECAKE
6. DONDOLO
7. STILOGRAFICA
8. REWIND
9. COSA VUOI SAPERE
10. PASTA (SCOTTA)
11. PAGO IO

4. PER FINTA

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By halfspokenwords

ma a te ti sento dentro come un pugno

                   Federico

Alterno lo sguardo tra Silvia, Alberto e Sole.
«Sareste così gentili da spiegare?» chiedo, sollevando un sopracciglio. Non sto seguendo.

Alberto, negli ultimi giorni, è stato... strano. Un continuo "Sole di qua, Sole di là", un loop continuo. Eppure, lo ammetto: la realtà ha anche superato le aspettative.
Ma continuo a non capire come siamo arrivati fin qui.

«Potrebbe essere colpa nostra...» dice Silvia, accennando una smorfia da finta innocente.
«Ci stava bene un piccolo assaggio prima della cena.»

«Un assaggio?» ribatto. 
«Volevamo solo rompere il ghiaccio!» aggiunge Alberto, cercando di sembrare convinto. «Tu che sei sempre diffidente, lei che è sulle sue... Dovevamo dare una spinta.»

«Una spinta? Ma che vi siete messi in testa?»

«Dai, vi siete pure sorrisi prima, no?» rincara Silvia, facendo l'occhiolino. «Per essere uno che normalmente fugge quando una ragazza ti guarda negli occhi per più di due secondi... direi che hai retto bene.»

«E tu?» le chiede Silvia, voltandosi verso Sole. «Non puoi negare che, dai, ti sta almeno un po' simpatico.»
Sole le lancia uno sguardo che dice "ne riparliamo dopo".
«Diciamo che mi sta più simpatico di chi mi ruba il telefono» risponde, tagliente.

Silvia alza le mani. «Ehi, era per una buona causa! Tu ti vergogni troppo facilmente e lui è lento come la connessione del Wi-Fi in treno. Abbiamo solo velocizzato i tempi.»

Alberto ride. «Dai, guardatevi! Vi siete pure messi entrambi a capotavola. Sembrate già sposati.»

Mi giro lentamente verso Sole. Lei fa lo stesso.
I nostri sguardi si incrociano. Per un attimo, il caos intorno si dissolve.
Lei piega appena la testa, mi studia. Poi mi sorride.
Capisco subito che stiamo pensando la stessa cosa.
Ricambio il sorriso, ma con una sfumatura in più. Quella che dice: ok, giochiamo.

«Vabbè, lasciamo perdere... prima che ci tocchi chiamare qualcuno per farvi rinchiudere,» dice Sole, alzandosi da tavola con un sorriso che non riesce a mascherare del tutto.

Colgo con la coda dell'occhio Alberto che bisbiglia a Silvia dietro la mano:
«Già usa il plurale. Siamo sulla buona strada, collega.»

«Alberto, scappa adesso. Hai trenta secondi di vantaggio prima che ti riempia di botte,» dico senza nemmeno voltarmi.

Risate.
Lui porta la mano alla fronte come un soldato sull'attenti. «Ricevuto».
La serata riprende a scorrere tranquilla. Torniamo in sala, ci stendiamo sul divano e continuiamo a raccontarci tutto quello che è successo negli ultimi giorni.

Sono le 00:30 quando Silvia sbadiglia sonoramente. Siamo tutti un po' stanchi e anche leggermente brilli. Decidiamo che è giunta l'ora di concludere.

«Ma ora voi tornate subito a Milano?» chiede Silvia.

«No, in realtà restiamo a Roma almeno fino a metà della prossima settimana. Dobbiamo sistemare ancora qualche dettaglio del disco con la discografica» rispondo, passandole un braccio sulle spalle in modo del tutto naturale.

Lei quasi salta dalla gioia. «Allora c'è ancora tempo per rivederci! Però basta stare a casa, sto diventando un pezzo d'arredamento. Domani si esce.»

Poi si gira verso Sole: «E se andassimo in quel locale che abbiamo visto stamattina? Ho sentito dire che è carino.»

Sole annuisce, con un sorrisetto. «Per me va bene.»

Mentre tutti si avviano a prendere le giacche, mi avvicino a Sole. «Scambiamoci i numeri davanti a loro, voglio proprio vedere le loro facce» le sussurro, forse un po' troppo vicino. Riuscirei a contare le lentiggini che le chiazzano il volto.

Lei mi lancia uno sguardo malizioso, quasi divertito. Poi, senza dire nulla, annuisce. Ci avviciniamo all'ingresso, e io tiro fuori il telefono con fare teatrale.

«Ti va di lasciarmi il tuo numero? Così, giusto per poterci risentire nel caso.» La frase è recitata a metà tra l'ironia e il mezzo serio. Lei alza lo sguardo, mi fissa dritto negli occhi per un secondo di troppo, poi sorride e mi prende il telefono dalle mani.

Digita il numero lentamente, con una calma esasperante, poi me lo restituisce. Mi fa l'occhiolino e si volta per salutare gli altri.

Io resto lì per un attimo, con il telefono ancora in mano e il cervello mezzo in cortocircuito.
Federico, riprenditi. Era solo una piccola messa in scena per prendere in giro Silvia e Alberto. Tutto sotto controllo. Forse.

Salgo in macchina e mi dirigo verso l'hotel dove stiamo. Io e Juli dividiamo una stanza, mentre Chiara e Alberto sono nell'altra.

Appena arrivo, mi cambio al volo, mi lavo i denti e mi butto sul divano. Il mio pacchetto di Winston Blue sul tavolino: ora sì che posso dire di essere a posto.

Durante il tragitto in macchina mi sono venute in mente un paio di frasi. Apro le note dell'iPhone e inizio a scrivere:
Ma che ingiustizia è questa? Ho ancora te in testa. Allora che cazzo vuoi da me?

Ogni riferimento è puramente casuale.
Sbuffo e poso il telefono al mio fianco.
Mi accendo una sigaretta e fisso le luci fuori dalla finestra, la città eterna che brilla anche a quest'ora.

Vibrazione.
Una notifica illumina lo schermo del telefono.

È un nome che ormai mi è fin troppo familiare, accompagnato da una piccola anteprima: una sua foto al mare, i capelli bagnati, gli occhiali da sole abbassati, lo sguardo dritto in camera.
Chiudo per un secondo gli occhi e scuoto la testa.
Certo che ha proprio senso del tempismo.

Apro il suo profilo.
Foto con quella che sarà sua sorella, viaggi, concerti, qualche scorcio di Roma. E poi lei.

In quasi tutte le foto ha un mezzo sorriso. Sempre quello, come se fosse programmato. Ha proprio un bel sorriso però.
Scorro ancora. Mi fisso su una foto.
Lei in primo piano, capelli un po' mossi dal vento, dietro il mare di Genova e un locale che mi è familiare.
È minuscolo, con le luci gialle e l'insegna storta. Il tipo che lo gestisce è un amico di mio padre, quell'estate gli avevo chiesto di lasciarmi cantare lì un paio di pezzi.

Controllo la data. Luglio 2023.
Ci ho suonato quella sera? Non ne sono sicuro.
Ma se fosse?

Ricambio il follow.
Apro la chat.
Scrivo.

olly_nclusive: Posso fidarmi? è reale questo follow o qualcun altro ti ha rubato il telefono?

Resto lì a guardare. Troppo serio.
Cancello.
Ci ripenso.
La riscrivo uguale.
Invio. Dai, innocuo.

Mi butto sul letto.
Una vibrazione.

sole_ferrara: Puoi fidarti, stavolta sono io davvero. Ma se ora ti monti la testa, mi tocca smettere di seguirti. Fai attenzione.

.olly_nclusive: 1-0 per te, comunque ci hai messo troppo a seguirmi. Ho rischiato di offendermi, te lo dico.

Patetico. Cosa cazzo ho scritto, mannaggia a me.

sole_ferrara: Potevi farlo tu ma evidentemente hai poco spirito d'iniziativa

olly_nclusive: La tocca piano. Ad ogni modo, hai visto le facce di quei due prima?

Cambiamo argomento prima che mi incastri peggio di così.

sole_ferrara: Certo, si stavano per mettere a saltare dalla gioia. Non so cosa gli freghi esattamente, però vabbè... è divertente prenderli in giro.

olly_nclusive: Chi li capisce è bravo. Domani vieni in macchina con me quando andiamo lì al locale.

Rilancio.

sole_ferrara: Non ci fare l'abitudine che con questa scusa già ci hai ricavato il numero ora non ti allargare.

Touchè.

olly_nclusive: Hai ragione, colpa mia, solo perché mi hai dato per finta il numero pensavo potessi accettare per finta un passaggio.

sole_ferrara: Va bene Olly 1-1. Buonanotte, per finta eh

Almeno ho pareggiato.

olly_nclusive: Sogni d'oro

Mi tiro giù dal letto. Ho bisogno di almeno venti minuti per svegliarmi e di un caffè. Soprattutto di un caffè.
Julien è già fuori dalla camera, mi ha lasciato un messaggio: "Siamo giù per colazione. Muoviti, frè"
Carino. Sempre affettuoso.

Mi vesto in fretta, mi sciacquo la faccia quel minimo che mi faccia sembrare un essere umano, e corro in sala colazione.
Sono già tutti seduti. Mi guardano. No, mi fissano proprio. Poi cominciano a ridacchiare come se sapessero qualcosa che io non so.
Alzo gli occhi al cielo.
"Cosa ho di strano? Mi sono appena svegliato, non mi sono nemmeno guardato in faccia."
Scuotono la testa, non dicono nulla, continuano a ridere tra loro.
Alzo un sopracciglio e vado a prendermi un vassoio.

Quando torno, mi siedo accanto a Juli.

"Allora, playboy, si può sapere con chi stavi scrivendo ieri sera? Tutto sorrisini e guance rosse."
Sospiro e mi lascio cadere sulla sedia. "Tua sorella."
Juli mi guarda stranito. "Io non ho una sorella."
Lo fisso serio. "Appunto."

Chiara scoppia a ridere, Alberto si batte una mano sul petto per non soffocare con la brioche.

"Ah, per me ieri facevano i cretini pensando di prendere in giro me e Silvia scambiandosi i numeri davanti a noi... e invece guarda un po'? Li hanno usati davvero," dice Alberto, sghignazzando con un'espressione da so tutto io.

"Ma sì, certo, come no. Basta che ci crediate voi."
Non proprio la mia miglior difesa. Anzi, pessima.
Però effettivamente i numeri di telefono non sono serviti.

"Va bene Olivieri, sei stato colto sul fatto. Stop alle giustificazioni," conclude Chiara, mentre si versa il succo all'arancia.

Passiamo la mattinata a fare i soliti giri per il disco. Studio, telefonate, appuntamenti.

Alla fine della mattinata sono stremato. Nel pomeriggio ho un paio di interviste alle radio per l'uscita di A squarciagola, singolo che anticipa l'album.

Pranziamo in studio e poi dritti alle radio. Solite domande, solite interviste. Riesco a spicciarmi al volo. Torniamo in hotel sfiniti dalla giornata, ma carichi per la serata.

Esco dalla doccia — potrei aver creato una cappa di vapore nel bagno, ma vabbè. Vado a scegliere cosa indossare. Opto per un jeans nero e una camicia bianca che lascio sbottonata nei primi tre bottoni. Spettino i capelli con le mani, spruzzo il mio profumo, metto le scarpe, prendo la giacca e sono pronto.

Mi metto io alla guida, accanto a me Julien, dietro Alberto e Chiara. Arriviamo sotto casa delle ragazze.

"Ci conviene chiamarle per avvisarle che siamo giù" suggerisce Chiara.
Cerco il numero di Silvia in rubrica, squilla e attendo che risponda.

"Sono Sole, Silvia si sta finendo di infilare le scarpe. Un minuto e siamo giù" esordisce con la sua voce squillante.
"Si certo, va bene aspettiamo" faccio appena in tempo a dire, prima di sentire Alberto sghignazzare e poi tutti gli altri.

"Silenzio, e smettetela" cerco di sembrare il più risoluto possibile.
"Dai, ma non stiamo dicendo nulla. Che quantomeno non ti è indifferente puoi anche dirlo, eh. Non è peccato" mi sgrida Juli.

Lo fulmino con lo sguardo. No, non mi è indifferente. Ma come qualsiasi altra donna con cui ho avuto a che fare. Mi colpisce il fatto che sembri sveglia, sa tenermi testa. Nulla di più, nulla di meno.

"State diventando fastidiosi. Non ci conosciamo nemmeno, piantatela."
La mia ramanzina funziona solo perché le ragazze escono dal portone della palazzina.

Scendiamo dalla macchina. Mi avvicino a Silvia per salutarla. Dietro di lei spunta Sole, che mi saluta appena con la mano. Mi sporgo per baciarle la guancia, posso sentire il suo profumo: sa di vaniglia all'ennesima potenza. Mi stacco, la guardo, e lei mi sorride.
Cazzo.

"Bene, come vogliamo dividerci con le macchine?" chiede Alberto. La guardo. E lei mi stava già guardando.

"Io e Sole conosciamo il posto e come arrivarci, quindi ci dobbiamo dividere. Nella mia macchina — che avete noleggiato — in cinque state stretti, perciò... Sole, vai tu con Fede?" propone Silvia.

"Bisogna vedere se le va davvero di accettarlo il passaggio, alla ragazza. Ma non credo, eh" la prendo in giro, facendo riferimento al nostro scambio di messaggi di ieri. Gli altri ci guardano curiosi e divertiti.
Lei scuote la testa ma sorridendo. "Ma muoviti, cretino. Ho fame" mi risponde, venendomi incontro.
Alzo la mano per salutare gli altri e ci dirigiamo verso la macchina.

"Non litigate già come marito e moglie, vi prego. Non potrei reggere!" urla da lontano Alberto.
Lei sbuffa, gli mostra il dito medio ridendo, poi sale in macchina.

"E alla fine ti tocca stare in macchina con me" le dico alzando le spalle.
Lei alza gli occhi al cielo ma accenna un mezzo sorriso.

Metto in moto e parto.
Quasi spero di trovare un po' di traffico.

SPAZIO AUTRICE:

Questo capitolo mi ha fatta dannare ma sono troppo belli Sole e Ico. Volevo ringraziarvi nuovamente per le letture e per chiunque ha speso del tempo a lasciarmi una stellina o commento. Grazie mille!
Un bacio ci vediamo al prossimo capitolo 💋

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