Mi lascio andare, poso la testa sul suo braccio. «Possiamo restare così tutto il pomeriggio?» mi chiede, quasi retorico. Annuisco piano.
«Questo rumore, le onde che si infrangono sugli scogli, la risacca... mi manda fuori di testa,» dice piano. Mi sporgo per guardarlo in faccia: ha gli occhi socchiusi, la bocca si apre in un sorriso morbido.
«Sei così legato al mare?» gli chiedo, forse è una domanda banale, ma mi piace sentirlo raccontare della sua vita.
«Da morire. Da ragazzino, ogni volta che io o uno dei miei amici avevamo bisogno di ricaricarci, correvamo al mare. Mangiare insieme, stare lì... ci dava forza. Mi tranquillizza,» racconta, scavando nei ricordi con la voce più dolce.
Resto in silenzio, ascolto il suono della sua voce mescolarsi con quello delle onde.
«Mi piace quando parli così» gli dico, sottovoce.
Lui apre un occhio, mi guarda di sbieco. «Così come?»
«Non lo so... sincero. Senza maschere. Ti viene bene.»Federico fa una piccola smorfia e si gira leggermente verso di me.
«Con te non mi viene difficile. Anzi...»
Abbassa lo sguardo, poi si morde l'interno della guancia.
«Anzi?» gli chiedo, cercando i suoi occhi.«No, niente. È solo che... boh, ogni tanto mi fa paura quanto mi sento tranquillo con te. Come se fosse normale stare così. Come se ci conoscessimo da una vita.»
Mi si stringe un po' qualcosa nello stomaco. Lo capisco perfettamente.
E forse è questo che mi spaventa.
Restiamo in silenzio per qualche istante, poi lui prende un sassolino e lo lancia in mare.
«Voglio portarti in un posto, prima che faccia buio.»
«Che posto?»
«Sorpresa.»Ci alziamo, scrolliamo la sabbia di dosso e torniamo alla macchina. Mi metto io alla guida e parto senza dirgli nulla.
«La sorpresa è una pizzeria?» chiede Federico, confuso.
«No, idiota. Scendiamo, prendiamo due pizze d'asporto e poi andiamo.»
Entriamo. Al bancone, la ragazza ci guarda sorridendo.
«Quindi... una margherita, una capricciosa. E da bere?»Federico risponde d'istinto: «Due birre.»
«No. Una birra e una Coca Zero,» lo correggo subito. Lui mi guarda come se avessi bestemmiato.
La ragazza annuisce, divertita, e ci porge la nostra cena impacchettata.Mi avvicino per pagare, ma lui mi sposta con finta autorità.
«Non ci provare nemmeno.»«Ho scelto io la pizza, pago io.»
Mentre lui cerca la carta, approfitto di un suo momento di distrazione, mi infilo di lato e appoggio la mia per prima. Beep.Vittoria.
Lui mi guarda con il mezzo sorriso di chi è stato battuto senza capirlo.
Io alzo le spalle, innocente.
«Buona cena, ragazzi!» ci saluta la ragazza del bancone.Usciamo, busta in mano, e torniamo in macchina.
"Sei pessima veramente. Mi stai ospitando in casa, siamo con la tua macchina, era compito mio pagare le pizze" continua a tormentarmi. "Shh, troppe chiacchiere, e poi hai detto bene sei mio ospite pago io" gli dico mentre lui mette su un finto broncio, "Mi rifarò Ferrara, quando meno te l'aspetti", "Sembra quasi una minaccia" dico ridendo.
Arriviamo. Trovo parcheggio e scendiamo dall'auto.
«Mettiti l'anima in pace: ci sono un po' di scalini, ma ti assicuro che ne vale la pena,» lo avverto.Lui mi guarda allarmato. «Tipo? Che intendi per "qualche scalino"? Stiamo per fare un pellegrinaggio in Tibet o posso stare tranquillo?»
«Una via di mezzo, dai. Però appena arrivi su ti passa tutto. Andiamo,» rispondo, tirandolo per un braccio verso il sentiero.

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every breath you take || OLLY
FanfictionA meno che tu non sia l'unica L'unica per me le altre le vedo Le altre si che le vedo Ma a te ti sento dentro come un pugno
11. PAGO IO
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