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every breath you take || OLLY

Fanfiction

A meno che tu non sia l'unica L'unica per me le altre le vedo Le altre si che le vedo Ma a te ti sento dentro come un pugno

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7. STILOGRAFICA

Comincia dall'inizio
                                        

Nessuno dei due accenna a ciò che è stato.
E va benissimo così.
Siamo in equilibrio.
Più o meno.

Pranzo e mi rimetto a studiare. Le giornate mi volano via così. Io e Silvia riusciamo a incrociarci a malapena la sera, siamo al livello in cui ci lasciamo i post-it sul frigo per comunicare.
La mia camera sembra esplosa: fogli sparsi ovunque, evidenziatori aperti, pc acceso, bottiglie d'acqua vuote e tutto il mio esaurimento emotivo concentrato in questi dodici metri quadri.

"Aiutami. Dobbiamo aiutare Chiara a dissuadere Alberto dal prenotare il parrucchiere per farsi biondo," dice Silvia entrando in camera senza bussare, con il telefono in mano e l'urgenza di chi sta salvando il mondo.
Sul video compare una Chiara visibilmente provata.

"Ciao Chia. Ma perché quello scemo vuole farsi biondo?" chiedo alzando un sopracciglio. Alberto biondo sarebbe l'incubo di qualsiasi essere umano con un briciolo di gusto e specie di qualsiasi parrucchiere.

"Ciao piccola Sole. Dice che è l'inizio di una nuova era," risponde lei con l'aria di chi ha perso ogni speranza. "Questo sta impazzendo. Vuole farsi biondo platino. Tipo canarino. Una cosa inguardabile."

Restiamo un po' a chiacchierare del delirio di Alberto e delle nostre giornate. Poi attacchiamo e Silvia rimane con me a parlare dell'unico vero argomento dell'ultimo mese: gli esami.

Dopo un po', Silvia esce e io provo a rimettere ordine tra i miei fogli. Ma vengo interrotta dal suono di una notifica.
Federico.

È un messaggio vocale.

Federico: Heyy, come stai? Io sto uscendo ora dallo studio. Mi fischiano le orecchie, sono esausto. Come va a te lo studio? Che mi racconti? Mi manca parlare con te.

Mi manca parlare con te.

Ha la voce più bassa del solito, quasi stanca. In sottofondo sento il tintinnio delle chiavi. Mi viene da sorridere, poi subito dopo mi sento scema. Gli rispondo, lo aggiorno, gli dico delle giornate infinite e dei fogli ovunque. E come al solito, restiamo lì a messaggiarci un po', con quel tono mezzo serio e mezzo ironico che ci viene naturale.

Poi arriva un altro vocale.

Federico: Il 25 esce il disco, ma il 24 sera facciamo un piccolo release party. Ti tengo un posto? Anzi due, anche per Silvia.

Ci metto qualche secondo a rispondere. Lo rileggo più volte. È come se volesse dirmi una cosa dentro un'altra.

Sole: Fede, per me non si può proprio fare. Il 25 ho un esame, tosto. Non posso permettermi di saltarlo. Mi dispiace un sacco.

Federico: Ah cazzo... dispiace anche a me. Davvero. Volevo rivederti.

Sole: Anche a me avrebbe fatto piacere. Davvero. Speriamo di riuscire a rimediare presto.

Mandiamo ancora un paio di messaggi, giusto per non chiudere di botto. Poi niente. Silenzio.
Spengo il telefono e mi porto una mano sul viso.

Che situazione di merda.

Io non lo so se sono io che mi sto facendo i film, se sento cose che non esistono. Ma quel "mi manca parlare con te" e "volevo rivederti" mi rimbombano in testa.

Ceno al volo con la classica piadina cotto e formaggio. Lavo la mia padella e faccio per andare in bagno a prepararmi per la notte.

"Sole, ma ci sei anche tu il 25 a Milano per il disco?" mi chiede Silvia. Mi si stringe lo stomaco.

"No, ho Diritto processuale quel giorno," le rispondo amaramente.

"Proprio la mattina del 25? A che ora?"
"Non mi ricordo... aspetta che controllo."

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