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every breath you take || OLLY

Fanfiction

A meno che tu non sia l'unica L'unica per me le altre le vedo Le altre si che le vedo Ma a te ti sento dentro come un pugno

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Accendo la mia sigaretta e avvicino la fiamma del mio Clipper a quella di Julien. "Mi sto cagando sotto per questo disco," confesso. Il secondo album è quello della verità: o dimostri di avere qualcosa da dire, o sparisci nel dimenticatoio.

"Stiamo facendo un buon lavoro, Ico. C'è tutto il tuo mondo. Le persone lo capiranno," mi rassicura.

"Il nostro mondo. C'è tutto il nostro mondo," lo correggo.

Faccio musica da un bel po'. Ho lavorato con diversi produttori, ma con nessuno avevo mai trovato una sintonia che andasse oltre il suono. Julien l'ho conosciuto in un momento incasinato, quando ero senza produttore. Si è offerto di aiutarmi e da lì non ci siamo più mollati. Si è creato un legame che va oltre la musica: siamo mamma e papà di questo disco. E speriamo che ci dia un bello slancio, anche emotivo.

La giornata scorre tra registrazioni, revisioni e pause-sigaretta sincronizzate. Ogni tanto ci scambiamo uno sguardo complice, di quelli che dicono: oh, lo stiamo facendo davvero.

"Abbiamo ufficialmente finito di registrare Tutta vita," dice Julien alle tre di notte, lasciandosi cadere a terra come un pugile dopo l'ultimo round.

Io applaudo e gli salto addosso con un abbraccio. "Siamo fortissimi, cazzo!"

"Ci vediamo domani. Stai attento," mi saluta mentre infilo la giacca.

"Sì, mamma. Non ti preoccupare," lo prendo in giro, e mi avvio verso la macchina, con la soddisfazione ancora addosso.

Mi rigiro nel letto per l'ennesima volta. Fuori Milano da dimostrazione delle sue temperature gelide che combatto con il mio piumone. Sento la suoneria del telefono, mi allungo controvoglia cercando il telefono a tastoni sul comodino e maledicendo chiunque sia.

"Buongiorno principessa, ti ho svegliato?" La voce energica di Alberto mi perfora i timpani. Un tipo di risveglio che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico.

"Che ti manca?" sbiascico, cercando di farlo arrivare al punto il più in fretta possibile.

"Sono appena sceso dal treno, sto alla stazione da solo. Chiara è rimasta a Roma per lavorare, e avrei bisogno di un amico fidato, gentile e super disponibile che venga a recuperarmi..."

Sbuffo sonoramente, alzando gli occhi al cielo anche se nessuno mi vede. "Bene, controlla bene la rubrica, qualcuno lo trovi. Ciao," dico, ma intanto mi sto già alzando e cercando qualcosa da mettermi addosso.

"Dai frè, fai presto, mi sono già rotto le palle a stare qui. C'è pure puzza di fogna."

"Ti odio. Arrivo."

E così mi butto nel traffico milanese delle 10:30 di mattina. Raggiungo la stazione e gli scrivo che sono parcheggiato fuori. Dopo pochi secondi, lo vedo spuntare. Sale in macchina e, come sempre, la sua energia — a tratti amabile, a tratti insopportabile — mi investe in pieno.

"Grazie Fede, sei un angelo. Anzi, l'intero paradiso. Comunque: mentre ero in treno ho pensato a un programma niente male. Tanto oggi non dovete registrare, giusto? Allora: andiamo a prendere Juli, passiamo a prendere un po' di carne, vino e un paio di amari, e ce ne andiamo alla casa al lago. Magari sentiamo anche gli altri, se si vogliono unire. Bell'idea, no? Dai, andiamo!"

Dice tutto d'un fiato, come se fosse la cosa più logica del mondo. Io lo guardo per qualche secondo, ancora mezzo addormentato, cercando di processare tutte quelle parole. Poi mi scappa un sorriso. In fondo ha ragione: una giornata off, ogni tanto, ci vuole.

Appoggio la sua idea e metto in moto.

Arriviamo alla casa al lago per le 12:30. Qui ho scritto un sacco di canzoni e creato una marea di ricordi. Basta uno sforzo per rivederli tutti: le cene infinite con gli amici, le chitarre, le risate, i brindisi improvvisati. È uno di quei luoghi che diventano sacri senza accorgertene. Quelli che, da vecchi, racconteremo come "i giorni più belli della nostra vita" anche se li stiamo ancora vivendo adesso.

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